Il mappazzone di Palazzo Te

La Gazzetta di Mantova ha da poco pubblicato un breve articolo a firma di Vincenzo Corrado con una rapida rassegna di stroncature ai monumenti mantovani apparse sul portale Trip Advisor. A farne le spese, secondo quanto riportato dall’autore, soprattutto Palazzo Te. Il capolavoro manierista progettato e affrescato da Giulio Romano viene criticato ora perché le decorazioni interne delle sale non sono all’altezza di quelle all’esterno dell’edificio, ora per non essere dotato di un impianto di riscaldamento e climatizzazione, o ancora per ospitare collezioni permanenti al piano superiore, fino ad essere bollato con lo spassoso “mappazzone”, termine del dialetto bolognese recentemente arrivato al grande pubblico attraverso un triviale programma televisivo di successo, che sta a significare un ammasso sconclusionato di materiale.

È vero, e ormai l’abbiamo imparato, che il lato oscuro di internet, se proprio ne vogliamo individuare uno, è che chiunque può dire pubblicamente la propria anche su argomenti di cui non ha la minima cognizione di causa. E i cosiddetti social network hanno indubbiamente preso il posto dei bar come palco per questo tipo di commentatori. Tuttavia sarebbe bene ricordare che anche in passato non sono mancati esempi clamorosi di stroncature a quanto oggi consideriamo indubbiamente capolavori da preservare e promuovere.

Giusto per restare a Mantova, furono soprattutto alcuni membri, assai rari invero, delle classi elevate inglesi e francesi dei Grand Tour sette-ottocenteschi a esprimere i giudizi meno lusinghieri sui palazzi gonzagheschi; non necessariamente per mancanza di conoscenza specifica quindi, ma anche per differente sensibilità o ancora per una sorta di complesso d’inferiorità artistica, soprattutto in ambito francese. Poco prima della metà del ‘700, ad esempio, il magistrato e autore Charles de Brosses giudicò il Palazzo Ducale nemmeno degno d’essere la casa di un mercante; si parla d’una reggia con oltre 500 ambienti coperti e spesso affrescati e decorati, giardini pensili, piazze interne, una basilica privata… A metà ‘800 i fratelli Goncourt, gli iniziatori del naturalismo, definirono la Sala dei Giganti in Palazzo Te, ancora lui!, una mostruosità stupida e comica, terribile testimonianza della mancanza di gusto dei principi di Mantova; vale a dire di gente come Isabella d’Este o Vincenzo Gonzaga, tanto per fare dei nomi.

Che dire? I bastian contrari non nascono certo con Trip Advisor. E d’altra parte non si deve mai dimenticare che anche le grandi opere dell’arte, come e ancor più dei VIP, sono “personaggi pubblici” e come tali sono esposti sia ad applausi che a fischi.

L’articolo in oggetto è leggibile qui. Le citazioni sui viaggiatori del Grand Tour sono tratte da Una noia splendida. Dizionario letterario di Mantova di Hervé Dubois-Fournier e Daniele Lucchini.

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