Fino alla fine del '500 la comunità ebraica di Mantova gode di condizioni non particolarmente oppressive rispetto ad altre zone d'Europa; alla corte dei Gonzaga alcuni membri della comunità, come Leone de' Sommi, hanno anche un importante ruolo culturale. Un ghetto in città è istituito con riluttanza dal duca Vincenzo I Gonzaga su ripetute e sempre più pressanti insistenze papali nominalmente nel 1602, ma diviene operativo solo nel 1612.
Nonostante il passare dei secoli, è piuttosto facile ancora oggi individuare e percorrere il tracciato dell'antico ghetto ebraico della città di Mantova, come si evince dalla cartina riportata qui a lato.
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Il cartografo e prefetto ducale delle acque Gabriele Bertazzolo nella sua pianta a volo d'uccello della città, conosciuta con il nome di Urbis Mantuae Descriptio e ristampata in versione definitiva nel 1628, due anni dopo la sua morte, indica con chiarezza anche le porte del ghetto; si possono vedere evidenziate nel particolare qui accanto. Nel gennaio del 1798 quelle stesse porte vengono smantellate dalle truppe napoleoniche.
Nel 1938 è abbattuta la sinagoga maggiore, o Scuola Grande, che sorgeva tra le attuali via Calvi e via Scuola Grande: degli interni resta testimonianza in una stampa di inizio '800. È invece sopravvissuta la cosiddetta Casa del Rabbino, realizzata sul finire del XVII secolo dal fiammingo Frans Geffels, architetto e prefetto delle fabbriche gonzaghesche.